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Deutsch Italienisch Der Prosatext im heutigen Standarditalienisch:
Neunzehntes Kapitel Ventesimo capitolo

Hiernach geschah es, dass, als ich einst auf einem Wege ging, zu dessen Seite ein sehr klares Bächlein floss, ein heftiger Drang zu singen mich überkam und ich auf die Art zu denken begann, in der es am besten geschehen möchte. Und ich erwog, dass es mir nicht zieme, anders von ihr zu reden, als indem ich zu andern Frauen in zweiter Person spräche, doch nicht zu einer jeden, sonder zu solchen allein, die von adeliger Gesinnung und nicht bloß Frauen dem Geschlecht nach wären. Und alsbald, sage ich, sprach meine Zunge, als wie von selber bewegt, und ich sang darauf eine Kanzone, welche anhebt: „Die ihr die Liebe kennt, ihr edeln Frauen ...

Erste Kanzone

Die ihr die Liebe kennt, ihr edeln Frauen,
Von meiner Herrin lasst ein Lied mich singen!
Nicht dass ich könnt ihr Lob zu Ende bringen,
Nein, nur die volle Seele auszugießen.

Gedenk ich ihrer, lässt mit süßem Grauen
Liebesgefühl mein Innres leis erklingen,
Als müsst im Widerhall der Klang sich schwingen
In alle Herzen, dass sie mitgenießen.

Wenn laut und stark nicht meine Reime fließen,
So dämpf ich sie doch nicht aus Scheu und Schwäche,
Nein, nur weil es sich ziemt, dass sanft ich spreche

Und Zartheit lasse meinen Sang umsprießen;
Weil liebeskundgen Mädchen ich und Frauen
Mein zärtliches Geheimnis will vertrauen!

Ein Engel ruft in überirdschen Tönen:
„Fern deinem Antlitz schmückt, o Herr, die Erde
Ein Weib so hold von Antlitz und Geberde,
Dass wert es ist, in Himmelshöhn zu wallen,

Weil sie im Kreis fehlt der Unsterblich-Schönen.“
Die Heilgen fordern: dass entrückt sie werde!
Doch bittend legt das Mitleid ein Beschwerde –
(Geschah es meiner Liebe zu Gefallen,

So soll allewig Lob dem Mitleid schallen!)
Der Herr spricht: „Lasst sie wandeln noch hienieden;
Entrückt ich sie schon jetzt zum Himmelsfrieden,

Des Jünglings Herz zerriss es wie mit Krallen,
Der einst sich tröstet in der Hölle Grauen:
Wohl mir – der Selgen Hoffnung durft ich schauen!“

So heiß wird sie ersehnt im ewgen Lichte –
Und größern Tugendruhm wohl wüßt ich keinen!
Jegliche Frau, die lobenswert will scheinen,
Streb ernst ihr nach; doch die ein Makel drücket,

Bleib fern ihr mit gesenktem Angesichte.
Nichts Böses kann bestehen vor der Reinen;
Wird gut wie sie und fühlt sich reich beglücket

Und würdig, dass er huldgend sich ihr bücket.
Wer ihres Grußes holde Gunst begehret,
Der zeige sich mit Tugend erst bewehret,

Beweise, ob ihn fromme Demut schmücket.
Die Gnade Gottes ist an ihr zu sehen,
Wer mit ihr sprach, kann nie verloren gehen!

Die Liebe rühmt von ihr: „Wie mag auf Erden
Sich Sterbliches so göttlich-rein gestalten?
Will Gott ein neues Wunder hier entfalten?
Nichts Holdres kann sich Irdischem verbünden!“ –

Der Perlen Glanz will hier verkörpert werden,
Denn ihnen, die von je als kostbar galten,
Ist sie an hohem Werte gleich zu halten.
Von ihren Reizen lasst nur den mich künden:

Der Augen Tiefe ist nicht zu ergründen
Und scheint bewohnt von tausend Liebesgeistern,
Die jedes Sinns sich im Triumph bemeistern

Und hohe Glut in allen Herzen zünden,
Auf ihrem Antlitz steht das Wort geschrieben:
Wer einmal sie gesehen, muss sie lieben!

Du wirst, mein Lied, mit vielen Frauen plaudern,
Sobald du meinen Händen erst entflogen;
Sei höflich stets, weil Sorgfalt dich erzogen,
Wohin du kommst, zeig dich als Kind der Liebe!

Und allorts bitte fein, doch ohne Zaudern:
„Weist mir den Weg zu ihr, die mir gewogen,
Zu deren Ruhm manch Pfeil mir flog vom Bogen.“
Flieh auch das Volk, das meist von niederm Triebe,

Damit nicht fruchtlos deine Sendung bliebe;
Nur edeln Männern, tugendsamen Frauen
Schenk deine Gegenwart und dein Vertrauen,

Dann weist man dir den Weg. – Wohlan! verschiebe
Die Fahrt nicht mehr und weil du bei der Süßen
Auch Amor triffst, so sag: ich lass ihn grüßen!

Avvenne poi che passando per uno cammino, lungo lo quale sen gìa uno rivo chiaro molto, a me giunse tanta volontade di dire, che io cominciai a pensare lo modo ch'io tenesse; e pensai che parlare di lei non si convenia che io facesse, se io non parlasse a donne in seconda persona, e non ad ogni donna, ma solamente a coloro che sono gentili e che non sono pure femmine. Allora dico che la mia lingua parlò quasi come per se stessa mossa, e disse: "Donne ch'avete intelletto d'amore". Queste parole io ripuosi ne la mente con grande letizia, pensando di prenderle per mio cominciamento; onde poi ritornato a la sopradetta cittade, pensando alquanti die, cominciai una canzone con questo cominciamento, ordinata nel modo che si vedrà di sotto ne la sua divisione. La canzone comincia: "Donne ch'avete".

Donne ch'avete intelletto d'amore, i' vo' con voi de la mia donna dire, non perch'io creda sua laude finire, ma ragionar per isfogar la mente. Io dico che pensando il suo valore, Amor sì dolce mi si fa sentire, che s'io allora non perdessi ardire, farei parlando innamorar la gente: E io non vo' parlar sì altamente, ch'io divenisse per temenza vile; ma tratterò del suo stato gentile a respetto di lei leggeramente, donne e donzelle amorose, con vui, ché non è cosa da parlarne altrui.

Angelo clama in divino intelletto e dice: «Sire, nel mondo si vede maraviglia ne l'atto che procede

d'un'anima che 'nfin quassù risplende». Lo cielo, che non have altro difetto che d'aver lei, al suo segnor la chiede, e ciascun santo ne grida merzede. Sola Pietà nostra parte difende, ché parla Dio, che di madonna intende: «Diletti miei, or sofferite in pace che vostra spene sia quanto me piace là ov' è alcun che perder lei s'attende, e che dirà ne lo inferno: «O malnati, io vidi la speranza de' beati».

Madonna è disiata in sommo cielo: or vòi di sua virtù farvi savere. Dico, qual vuol gentil donna parere vada con lei, chè quando va per via, gitta nei cor villani Amore un gelo, per che onne lor pensero agghiaccia e père; e qual soffrisse di starla a vedere diverria nobil cosa, o si morria; E quando trova alcun che degno sia di veder lei, quei prova sua vertute, ché li avvien ciò che li dona salute, e sì l'umilia ch'ogni offesa oblia. Ancor l'ha Dio per maggior grazia dato che non pò mal finir chi l'ha parlato.

Dice di lei Amor: «Cosa mortale come esser pò sì adorna e sì pura?» Poi la reguarda, e fra se stesso giura che Dio ne 'ntenda di far cosa nova. Color di perle ha quasi in forma, quale convene a donna aver, non for misura; ella è quanto de ben pò far natura; per esemplo di lei bieltà si prova. De li occhi suoi, come ch'ella li mova, escono spirti d'amore inflammati, che fèron li occhi a qual che allor la guati, e passan sì che 'l cor ciascun retrova: voi le vedete Amor pinto nel viso, là 've non pote alcun mirarla fiso.

Canzone, io so che tu girai parlando a donne assai, quand'io t'avrò avanzata. Or t'ammonisco, perch'io t'ho allevata per figliuola d'Amor giovane e piana, che là ove giugni tu dichi pregando: «Insegnàtemi gir, ch'io son mandata a quella di cui laude so' adornata». E se non vuoli andar sì come vana, non restare ove sia gente villana; ingègnati, se puoi, d'esser palese solo con donne o con omo cortese, che ti merranno là per via tostana. Tu troverai Amor con esso lei; raccomàndami a lui come tu dei.

Questa canzone, acciò che sia meglio intesa, la dividerò più artificiosamente che l'altre cose di sopra. E però prima ne fo tre parti: la prima parte è proemio de le sequenti parole; la seconda è lo intento trattato; la terza è quasi una serviziale de le precedenti parole. La seconda comincia quivi: "Angelo clama"; la terza quivi: "Canzone, io so che". La prima parte si divide in quattro: ne la prima dico a cu' io dicer voglio de la mia donna, e perché io voglio dire; ne la seconda dico quale me pare avere a me stesso quand'io penso lo suo valore, e com'io direi s'io non perdessi l'ardimento; ne la terza dico come credo dire di lei, acciò ch'io non sia impedito da viltà; ne la quarta, ridicendo anche a cui ne intenda dire, dico la cagione per che dico a loro. La seconda comincia quivi: "Io dico"; la terza quivi: "E io non vo' parlar"; la quarta: "donne e donzelle". Poscia quando dico: "Angelo clama", comincio a trattare di questa donna. E dividesi questa parte in due: ne la prima dico che di lei si comprende in cielo; ne la seconda dico che di lei si comprende in terra, quivi: "Madonna è disiata". Questa seconda parte si divide in due; che ne la prima dico di lei quanto da la parte de la nobilitade de la sua anima, narrando alquanto de le sue vertudi effettive che de la sua anima procedeano; ne la seconda dico di lei quanto da la parte de la nobilitade del suo corpo, narrando alquanto de le sue bellezze, quivi: "Dice di lei Amor". Questa seconda parte si divide in due: che ne la prima dico d'alquante bellezze che sono secondo tutta la persona; ne la seconda dico d'alquante bellezze che sono secondo diterminata parte de la persona, quivi: "De li occhi suoi". Questa seconda parte si divide in due: che ne l'una dico deli occhi, li quali sono principio d'amore; ne la seconda dico de la bocca, la quale è fine d'amore. E acciò che quinci si lievi ogni vizioso pensiero, ricòrdisi chi ci legge che di sopra è scritto che lo saluto di questa donna, lo quale era de le operazioni de la bocca sua, fue fine de li miei desiderii mentre ch'io lo potei ricevere. Poscia quando dico: "Canzone, io so che tu", aggiungo una stanza quasi come ancella de l'altre, ne la quale dico quello che di questa mia canzone desidero; e però che questa ultima parte è lieve a intendere, non mi travaglio di più divisioni. Dico bene che, a più aprire lo intendimento di questa canzone, si converrebbe usare di più minute divisioni; ma tuttavia chi non è di tanto ingegno che per queste che sono fatte la possa intendere, a me non dispiace se la mi lascia stare, ché certo io temo d'avere a troppi comunicato lo suo intendimento pur per queste divisioni che fatte sono, s'elli avvenisse che molti le potessero audire.

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